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GENITORI E FIGLI AI TEMPI DEL COVID-19
 
In questo momento in cui ci si trova ad affrontare l'angoscia traumatica legata ad una minaccia mortale a alla perdita di tante sicurezze, i genitori si trovano anche a gestire le difficoltà dei figli che risentono ancora di più degli adulti delle restrizioni fisiche e relazionali. E allora è necessario ricercare, come spiega la dott.ssa Fronzoni, psicoterapista esperta dell'età evolutiva, le funzioni genitoriali protettive e affettive, garantendo ai minori sostegno empatico e comprensione dei loro bisogni.

E' importante resistere alle provocazioni e interpretare i segnali con cui esprimono il malessere
. Decifrare e rimandare loro il reale significato di ciò che esprimono attraverso una comuncazione interessata e autentica, permette di trovare soluzioni nuove al disagio e determina il miglioramento del rapporto tra i genitori e i figli.
 
CORONAVIRUS E SCUOLA
I ragazzi vivono un disagio psicologico basato sulla mancanza dell’interazione diretta che permette di ricevere oltre alle informazioni anche quei rinforzi nelle proprie possibilità che rafforzano la fiducia in sé stessi. Lo sguardo di un insegnante, la sua specifica attenzione, il commento ad un lavoro permettono di superare le difficoltà incontrate e dare avvio ad una riflessione che esula dal programma ma che diviene formativa e trasformativa. Sono i rapporti con l’insegnante o con i compagni che permettono di tenere a bada le preoccupazioni e la confusione.

La mancanza di questi potrebbe portare ad un crescente disorientamento dei ragazzi, specialmente più fragili e privi di risorse familiari
. I ragazzi tuttavia possiedo un’ottima resilienza e una grande capacità di recupero tanto che nel ritornare alla normalità potranno riapprezzare le esperienze gratificanti. Il problema tuttavia sembra perdurare dal momento che si inizia ad ipotizzare didattica on line anche a settembre mentre non sono ancora previsti interventi che aiutino le famiglie a sostenere tutto questo.
 
CORONAVIRUS SCOPPIA COPPIE? CONSIGLI PER AMANTI E FAMIGLIE IN QUARANTENA
Che effetto può avere nelle relazioni e nei figli il lockdown per la pandemia? Parla la Dr.ssa Annalisa Fronzoni, psicologa e psicoterapeuta.
 
Dopo il lockdown ci saranno più divorzi (come sembra essere accaduto in Cina) o più bambini? E come stanno vivendo i bambini questa quarantena forzata? Ne parliamo con la Dr.ssa Annalisa Fronzoni, psicologa e psicoterapeuta specializzata in psicoterapia dell’età evolutiva, dell’adolescenza e della coppia. La Dott.ssa Annalisa Fronzoni Fronzoni, oltre a seguire i pazienti privatamente, da anni svolge il ruolo di consulente tecnico d’ufficio presso il Tribunale Ordinario e Penale di Roma nelle cause di separazione e divorzio, dopo un Master in Psicologia Giuridica, psicopatologia e psicodiagnostica forense. La dottoressa ha inoltre pubblicato Imputabilità per il minore e gli attuali risvolti giuridici e psicologici, Brevi note sulla metodologia di intervento gruppoanalitico nel contesto scolastico, Delirio e gravidanza, L’ipnosi per la preparazione al parto.
La quarantena forzata che si protrarrà ancora per qualche settimana ha sicuramente messo alla prova molte coppie. Come ne usciranno? Sono più a rischio le unioni di lungo corso o quelli più recenti?
"Più è lunga la durata della coppia più è facile che questa abbia avuto il modo di conoscersi e sperimentarsi autenticamente con le proprie caratteristiche e aver consolidato e messo in atto strategie per superare la crisi. Le coppie, infatti, possono trovarsi in una prima fase di innamoramento o in quella successiva dell’amore e dell’appartenenza di coppia. La prima fase è basata sull’attrazione fisica e sull’idealizzazione che non permette di vedere realmente l’altro. La seconda fase è quella della conoscenza dell’altro, delle sue reali caratteristiche non quelle immaginate o proiettate. Quando la coppia entra nella seconda fase e crea un’identità comune trae soddisfazione dalla reciprocità e diviene più forte anche nel fronteggiare situazioni critiche. Queste allora possono divenire anche, nonostante la sofferenza, un’opportunità di cambiamento e crescita. La maturità della coppia tuttavia non dipende solo dalla durata temporale ma anche dalla capacità di condividere stati d’animo, pensieri, malumori e paure. Condividere e ad accettare in sé e nell’altro pregi, difetti, risorse e limiti permette di superare i bisogni egoistici e infantili e ad affrontare in maniera matura e funzionale situazioni emotivamente stressanti come il Covid-19″.
Le coppie che supereranno la quarantena forzata potranno quindi dirsi “immuni” da ogni conflittualità futura? Possiamo dire che sono ben collaudate?
“La coppia si conosce e ridefinisce nel corso dell’intera vita e va incontro ad un susseguirsi di momenti critici da risolvere ed elaborare. Certamente la quarantena mette alla prova la capacità della coppia di affrontare in maniera comune e costruttiva pericoli e limitazioni. Superare la quarantena evidenzia la capacità della coppia di fare fronte comune, di contrastare i propri bisogni individuali per fare spazio a quelli condivisi, in maniera matura e stabile. Tuttavia nel corso del tempo la coppia va sempre incontro a crisi e conflittualità che possono essere affrontate attraverso la riflessione, la mentalizzazione, l’ autonomia psichica e la condivisione emotiva”.
Come si possono aiutare le coppie dove uno dei due soffre di patologie come depressione o ansia, cosa consiglierebbe al partner per aiutare il compagno/a che sta soffrendo?
“In caso di psicopatologie che tendono ad acutizzarsi in situazioni stressanti è bene che il compagno possa aiutare l’altro a mettersi in contatto con uno specialista e intraprenda, in caso di bisogno, una terapia. E’ pericoloso e dannoso infatti, che sia il partner a farsi carico della patologia in quanto non ne può avere gli strumenti e perché in tal modo la coppia entrerebbe in crisi. Una coppia deve fondarsi su dinamiche vitali, paritarie e costruttive”.
Le coppie con bambini si sono viste improvvisamente senza il supporto della scuola e dei nonni. Secondo lei sono sempre le donne quelle a sentire di più il peso della gestione familiare: pulizie, cucina e figli?
“Purtroppo siamo ancora vincolati a modelli educativi piuttosto rigidi, con una forte divisione di ruoli in cui all’uomo è affidato il ruolo di chi provvede economicamente alla famiglia e alla donna la cura e gestione della casa e dei figli. Conseguentemente, anche in situazioni di emergenza come questa che stiamo attraversando, è difficile cambiare modelli operativi interni che abbiamo acquisito nel corso di una vita e che in alcuni casi permettono una gestione più facile delle incombenze familiari. Tali schemi tuttavia possono entrare in crisi in un momento di forte stress emotivo e destabilizzare l’equilibrio familiare. E’ importante quindi confrontarsi, riuscire a supportarsi e riorganizzarsi insieme”.
Sempre parlando di donne, molte di loro sono vittime di violenze e adesso si trovano a dover convivere 24 ore al giorno con i loro carnefici, in una condizione di isolamento sociale e di paura costante. Quali possono essere i consigli per evitare scontri diretti e magari prendere coscienza degli step da affrontare una volta che l’emergenza passi?
“Il vincolo di stare a casa contribuisce al maggior numero di casi di violenza domestica e alla maggiore continuità delle azioni abusanti. Tuttavia è da tenere presente come molto spesso la relazione patologica era già stata instaurata. E’ importante che la vittima impari ad esser obiettiva e giudicante nei confronti di chi la sta abusando, a rendersi conto di ciò che sta accadendo e volere affrontare la separazione. E’ importante quindi che si prepari ad allontanarsi completamente dal carnefice, riprendendo contatto con sé stessa e affrontando il dolore legato alla propria storia personale. Durante l’emergenza è consigliabile non rivelare l’intenzione di lasciare il partner perché questo instaura in quest’ultimo comportamenti ancora più violenti. Si deve però acquisire una sempre maggiore consapevolezza e determinazione di farlo una volta passata l’emergenza, magari alleandosi con uno specialista che permetta di lavorare sull’accettazione di sé stessi e sugli schemi di relazione distorti che ci sono alla base di queste situazioni”.
Le famiglie con figli unici sono in qualche modo “privilegiate” oppure i figli unici sono più isolati e soffrono maggiormente per l’interruzione delle attività scolastiche?
“Non ritengo che si possa generalizzare e differenziare le reazioni per categoria, ma è determinante il modello educativo, il tipo di rapporto che il minore ha con i genitori, l’esempio che riceve, la sicurezza e maturità del genitore. Le differenze non sono attribuibili al numero di fratelli ma all’ambiente rispettoso, amorevole e attento alle loro esigenze. Genitori che non hanno realmente desiderato il figlio possono metterlo in una condizione psicologica di solitudine maggiore che sfocerà in una profonda difficoltà ad instaurare rapporti affettivi e amicali nonostante il bambino abbia fratelli. In genere, i figli unici sono portati a trascorrere più tempo con gli adulti comportandosi di conseguenza in maniera più matura, presentano meno propensione alla cooperazione ma d’altro canto hanno maggiore capacità di trovare soluzioni creative, una maggiore autostima e fiducia in sé. Il loro investimento emotivo è su pochi amici privilegiati”.
Quali sono le attività consigliate per stimolare i bambini che si trovano a trascorrere più tempo a casa?
“Oltre a predisporre attività intellettualmente più impegnative per la mente dei ragazzi come collegamenti on line con la scuola e stimolare lo svolgimento dei compiti, è utile anche sollecitare la creatività con attività quali il disegno, la pittura, il lavoro della creta oppure il gioco in cucina. Risulta anche utile stimolare limitate attività fisiche in casa anche sotto forma di gioco. E’ utile inoltre alimentare l’aspetto relazionale ed affettivo mettendo in collegamento, magari telefonicamente o mediante videochiamate, i bambini con le persone significative familiari e amicali”.
Come fare per mantenere la calma mentale e raggiungere un buon equilibrio psico fisico anche in spazi ristretti?
“E’ possibile provare in questo periodo panico, ansia e bisogno di agire comportamenti irrazionali. Per mantenere la calma e l’equilibrio è necessario sviluppare, anche in spazi ristretti, un atteggiamento costruttivo suddividendo ad esempio la nostra giornata in momenti da vivere anche in spazi differenti: la colazione, l’attività fisica, la lettura, il pranzo, il caffè, l’hobby, l’aperitivo serale, la cena, il telegiornale e il film. Possono essere utili, nel momento in cui si è sopraffatti da ansia e dalla percezione negativa degli eventi, le tecniche di rilassamento, per raggiungere uno stato di calma. Importante risulta dedicare una mezz’ora ogni giorno a qualche esercizio fisico che permetta di scaricare la tensione e liberare e endorfine”.
Lei ha una figlia di 12 anni, come sta vivendo questo momento? I bambini più piccoli hanno la percezione del pericolo o vivono queste restrizioni come una punizione di cui non comprendono i motivi?
“Più sono piccoli i bambini meno hanno capacità di razionalizzare e di attribuire le cause agli eventi. I bambini tendono a soffrire maggiormente le restrizioni fisiche e relazionali necessitando di un sostegno affettivo dell’adulto, che deve saper interpretare di volta in volta i segnali di malessere ed idealmente instaurare una comunicazione profonda, interessata ed autentica, volta a trovare insieme soluzioni costruttive e creative. È importante spiegare ai bambini e agli adolescenti, con vocabolari a volte molto distanti dal nostro, quello che sta accadendo senza mentire, magari usando mezzi adatti all’età del bambino e quindi parole semplici, immagini, giochi, filmati appropriati. Possiamo invece aiutare gli adolescenti ad informarsi attraverso fonti d’informazione ufficiali e social network, ovviamente controllandone le fonti ed incoraggiando un’ informazione critica”.

 
INVIDIA E AUTOSTIMA
L’invidia si crea nel rapporto dell’altro che ci fa vedere qualcosa che desideriamo ma che riteniamo non essere in grado di ottenere. Questo confronto scatena una sofferenza che porta ad in-videre , ovvero guardare contro, guardare con ostilità, nella con risentimento la felicità, il benessere e il successo altrui da cui ci si considera ingiustamente esclusi da tali beni Il confronto con l’altro determina la consapevolezza della nostra mancanza, da cui scaturiscono emozioni come i l senso di inferiorità, di inadeguatezza, la frustrazione, il senso di impotenza, l’odio e la rabbia per la grandezza dell’altro . La reazione più semplice legata alla scarsa autostima è la svalutazione dell’altro. L’invidia e la svalutazione è quindi una strategia per impedire la caduta del proprio fragile valore che quindi nasconde i nostri limiti, la nostra bassa autostima e la scarsa fiducia in sé stessi. Questo meccanismo però si trasforma in disfunzionale perché l’individuo non riesce in questo modo ad instaurare relazioni positive con gli altri, restando bloccato in sentimenti come il risentimento, l’astio, la vergogna senza riuscire a vedere invece le nostre risorse, le nostre potenzialità, le nostre possibilità. E’ necessario invece attraverso un percorso terapeutico imparare ad accettare le nostre fragilità e i nostri sentimenti negativi per iniziare ad individuare le nostre risorse, le nostre potenzialità, i nostri desideri. Ciò ci porterà a riuscire a confrontarsi con l’altro e vivere la ricchezza della differenza.

Il confronto con gli altri diventa così uno stimolo a migliorarsi, ad arricchirsi, a rendere la vita più ricca e stimolante, una motivazione all’azione e alla crescita. Il mettersi in gioco responsabilmente nei confronti degli altri con una sempre maggiore fiducia in sé stessi permette di crescere e di raggiungere un appagamento. La fiducia in sé stessi cresce nel momento in cui impariamo a leggere le nostre emozioni, analizzare propri pensieri di inferiorità e trasformare i propri limiti in risorse per una accettazione incondizionata di noi stessi.

Al contrario ricorrere invece ai meccanismi dell’invidia e della svalutazione e critica altrui determina una sempre minore consapevolezza di noi stessi ed una incapacità di vivere autenticamente ed in maniera costruttiva le relazioni rimanendo così nell’isolamento e nell’insoddisfazione di una vita limitata.
 
COME AIUTARE I BAMBINI AD ACQUISIRE LA SICUREZZA
I bambini hanno bisogno di essere sostenuti e incoraggiati dall’adulto e nello stesso tempo avvertire una sintonizzazione emotiva con lui. E’ importante che il genitore non si sostituisca al bambino perché i bambini che riescono a portare a termine un compito ne ricavano grande soddisfazione e si sentono bene con se stessi mentre se il compito è svolto da un altro sentiranno nel tempo di non essere all’altezza di svolgerlo.

Fare le cose al posto del bambino vuol dire negargli l’opportunità di acquisire le competenze necessarie per la vita, danneggiandolo quando sarà adulto. Inoltre, si crea in lui eccessiva dipendenza e lo si priva della soddisfazione di ottenere le cose da solo. In definitiva, aiutare troppo vostro figlio gli darà la convinzione di non essere capace di raggiungere i suoi obiettivi. E’ importante che i genitori accompagnino emotivamente il bambino nella difficoltà che incontra non sottovalutandola così che questo capirà che per quanto all’inizio possa essere difficile svolgere un compito impegnandosi a fondo ce la può fare. Il bambino se si impegna da solo e sbaglia il bambino può imparare dai propri errori, traendo la soddisfazione di sapere di poter porre rimedio allo sbaglio. Qualora invece venga iperprotetto, diventerà una persona dipendente con una cattiva opinione di sé. Sarà portato a pensare che commettere un errore è male, perché ne ha un’esperienza dolorosa a cui non sa dare un senso.

 
DIPENDENZA DAI SOCIAL NETWORK
Il numero di chi ne soffre è in continuo aumento. Anche i n Italia che, con oltre 21 milioni di utenti, registra in percentuale più utilizzatori di social network al mondo, con l'86 per cento dei navigatori. I più a rischio sono soprattutto gli adolescenti. Il 22 per cento dei ragazzi infatti dichiara di passare diverse ore al giorno davanti al computer, in particolare per connettersi a Facebook, mentre ben il 53 per cento degli utenti accede ai social dal cellulare. Uno studio di IMR Ricerche realizzato su un campione di 100 persone con metodo cawi (computer-assisted web interviewing) ha rilevato che il 38 per cento degli intervistati ammette di 'esagerare' nell'utilizzo dei social , il 6 per cento si considera 'dipendente', mentre una buona parte degli intervistati crede che i Social abbiano un potere quasi 'ipnotico', tanto da esserne legati anche senza che vi sia un effettivo e razionale interesse, infine il 20 per cento confessa di avere avuto problemi 'relazionali' derivanti dall'uso smodato di questi strumenti . “Rispetto al 2008, anno in cui Facebook è sbarcato in Italia, nel 2013 il numero di persone che si sono rivolte a noi per risolvere il problema da dipendenza dei social network è cresciuto dell'8 per cento” dice Armando Stano, segretario generale A.I.D.A. - Accademia Internazionale 'Stefano Benemeglio ' delle Discipline Analogiche.

“Quando chiediamo qual è la motivazione principale che le spinge a reiterare il comportamento, il 5 per cento dichiara di navigare su Facebook per dimenticare i problemi personali, il 3 per cento trova un profondo senso di appagamento dovuto dal consenso sociale generato dal 'Mi Piace'”. I soggetti che hanno più successo su Facebook, sono quindi quelli che rischiano di più la dipendenza.
Secondo uno studio condotto dall'Università del North Carolina, ogni volta che riceviamo un 'Mi Piace', infatti, il nostro organismo rilascia una piccola scarica di dopamina , il neurotrasmettitore che viene coinvolto nei fenomeni di dipendenza. L'addiction disorder, la dipendenza da Internet e, in particolare, da Facebook, porta l'individuo fuori dalla realtà, in un vortice di ostentazione del sé, di sovraesposizione della propria identità che però è totalmente costruita, fittizia. Il 2 per cento delle persone che si rivolgono a noi dichiara di provare invidia per le foto sorridenti e felici dei propri amici, ciò li spinge a postare immagini di sé in compagnia di persone o comunque in situazioni piacevoli, per dimostrare di non essere da meno” continua Stano. “Spesso tale dipendenza nasconde dei disagi più profondi , l'obiettivo delle discipline analogiche sta nell'aiutare chi soffre a ricollegarsi con il proprio inconscio, aiutare a gestire le proprie emozioni attraverso il linguaggio dell'inconscio, un prezioso strumento di orientamento agendo sulle cause e non sul sintomo, riequilibrando così la sfera emotiva”.
 
LA DIPENDENZA AFFETTIVA
La DIPENDENZA AFFETTIVA (DA) è una modalità patologica di vivere la relazione, in cui la persona dipendente arriva a negare i propri bisogni ed a rinunciare al proprio spazio vitale pur di non perdere il partner, considerandolo unica e sola fonte di gratificazione nonché fondamentale fonte di “amore” e cura. Si tratta di una forma di amore ossessivo, simbiotico, fusionale e stagnante che viene vissuto alla stregua di una droga e per il quale si sacrificano qualsiasi spinta evolutiva (di cambiamento) ed ogni altra gratificazione. Il punto tuttavia è che spesso questi partner non sono affatto gratificanti ma, al contrario, si tratta di persone con le quali si instaura una relazione insoddisfacente, infelice e dolorosa. Il dipendente affettivo infatti prova un tale bisogno, assoluto e ossessivo, di rassicurazione e di certezze da indurre una sorta di “perdita dell’Io” ed una condizione in cui l’altro rappresenta il solo elemento di ebbrezza e di gratificazione possibile.
Non è infrequente che tale condizione degeneri in relazioni che rappresentano un serio pericolo per l’incolumità psichica e fisica del soggetto (come nel caso della manipolazione emotiva perversa, o delle violenze all'interno della relazione). La DA fa parte delle cosiddette “ New Addictions ”, quelle forme di dipendenza dette DIPENDENZE COMPORTAMENTALI, poiché non vedono coinvolta alcuna sostanza chimica (come alcol o sostanze di abuso): l’oggetto di queste dipendenze infatti è un comportamento (o una persona nel caso della DA) o un’attività lecita e socialmente accettata. Molte delle diagnosi di dipendenze comportamentali hanno in comune diversi elementi diagnostici caratteristici dei disturbi da “deficit del controllo degli impulsi” o dei disturbi “compulsivi”. Nel nuovo manuale DSM-V non compare ancora la categoria “Dipendenze comportamentali”,. sebbene sia stata invece inserita la dipendenza dal gioco d’azzardo nell’ambito delle dipendenze, mentre prima era inclusa nella categoria dei disturbi del controllo degli impulsi. Il modello di riferimento descrittivo delle new addictions è quello di Caretti e La Barbera, che le considera condizioni patologiche caratterizzate da:
1) Ossessività
2) Impulsività
3) Compulsività

Alcune new addictions o dipendenze comportamentali oltre alla DA sono: il gioco d’azzardo patologico ( pathological gambling ), la dipendenza da internet , la dipendenza da lavoro ( work addiction o workaholic ), lo shopping compulsivo (compulsive buying), ​ la dipendenza da attività fisica ( exercise addiction) e la dipendenza dal sesso ( sex addiction ). La caratteristica di queste forme di dipendenza è che esse rappresentano - nella loro manifestazione compulsiva - il versante patologico di attività comunemente praticate dalle persone nella loro vita quotidiana. Negli ultimi anni tali forme di dipendenza si sono sviluppate in maniera notevole, tanto che gli studiosi hanno volto ad esse la loro attenzione al fine di studiarne le caratteristiche e le possibilità di intervento terapeutico. Anthony Giddens distingue tre principali caratteristiche della “l ove addiction ” che la connotano esattamente come una vera e propria forma di dipendenza:
1. IL PIACERE CONNESSO ALL’AMORE : definito anche ebbrezza, ovvero la sensazione di euforia sperimentata in funzione delle reazioni manifestate dal partner rispetto ai propri comportamenti.
2. LA TOLLERANZA: anche definita in questo contesto come “dose“, che consiste nel bisogno di aumentare la quantità di tempo da trascorrere in compagnia del partner, riducendo sempre di più il tempo autonomo proprio e dell’altro e i contatti con l’esterno della coppia. Un comportamento che sembra alimentato dalla incapacità di mantenere una “presenza interiorizzata” rassicurante dell’altro, e quindi di rassicurarsi attraverso il pensiero dell’altro nella propria vita (8). L’assenza della persona da cui si dipende porta pertanto ad uno stato di prostrazione e di disperazione che può essere interrotto solo dalla sua presenza concreta e materiale.
3. L’INCAPACITÀ DI CONTROLLARE IL PROPRIO COMPORTAMENTO: connessa alla perdita della capacità critica relativa a sé, alla situazione e all’altro. Una riduzione critica e di guida razionale che, nel lungo termine, crea vergogna e rimorso. In taluni momenti tale senso di vergogna ed indegnità vengono sostituiti da una temporanea lucidità, cui fanno immancabilmente seguito un senso di prostrante sconfitta ed una ricaduta, spesso più profonda che mai, nel circolo vizioso della dipendenza. La DA ( Love Addiction ) sembra una patologia declinata soprattutto al femminile (5) e coinvolgente maggiormente le donne: il 99% dei soggetti dipendenti affettivi è di sesso femminile6, con fascia di età variabile dalla post-adolescenza (età dai 20 ai 27) fino all’età adulta delle donne con figli, sia piccoli che grandi. Esistono tuttavia anche casi di DA negli uomini, aventi caratteristiche e manifestazioni comportamentali lievemente diverse. Nonostante la diversità di età, alcuni specifici elementi accomunano tutte queste donne:
• si tratta di donne fragili
• bisognose di conferme
• con una scarsa autostima
• terrorizzate dal fantasma dell’abbandono
• tendenti alla iperresponsabilizzazione
• provenienti senza eccezione da famiglie problematiche
(abusi sessuali, maltrattamenti fisici o psicologici, storia di alcolismo, bulimia o altre dipendenze nei genitori) nelle quali sono cresciute sviluppando un profondo e radicato vissuto di inadeguatezza ed indegnità personale.
La DIPENDENZA AFFETTIVA convolge al 99% dei soggetti è di sesso femminile in una fascia di età variabile dalla post-adolescenza (età dai 20 ai 27) fino all’età adulta. Caratteristiche delle donne affette da disturbo affettivo sono la fragilità, la bassa autostima, la paura dell’abbandono, l’iperresponsabilizzazione e il bisogno di conferme. La dipendenza affettiva è un disturbo presente anche nel manuale diagnostico dei disturbi mentali DSM-V come dipendenza comportamentale. E’ una modalità patologica di vivere la relazione in cui si considera il patner unica fonte di gratificazione e amore mentre vengono negati i propri bisogni, e si rinuncia ai propri spazi né ai cambiamenti evolutivi. Il saggetto ricerca una relazione fusionale, simbiotica infelice, insoddisfacente con un patner che consente un’ ebbrezza e una momentanea gratificazione a discapito della perdita del proprio Io. Percecisce auforia nei confronti della reazione del patner nei confronti dei propri comportamenti. E’ caratterizzato dalla incapacità di controllare il proprio comportamento per la perdita della capacità critica relativa a sé, all’altro e alla situazione. Il soggetto ha bisogno di aumentare il tempo da trascorrere con il patner la cui assenza porta ad uno stato di prostrazione e disperazione in quanto non capacedi interiorizzare la presenza dell’altro e quindi di rassicurarsi attraverso il pensiero dell’altro nella propria vita. La dipendenza affettiva fa parte delle New Addictions tra cui si ritrovano anche la dipendenza da internet, la dipendenza dal lavoro, la dipendenza dall’attività fisica, la dipendenza dal sesso e la dipendenza dal gioco d’azzardo.

 
SUPERARE I PROBLEMI AFFETTIVI E RELAZIONALI
Sono sempre più diffusi i disturbi emotivi e relazionali tra adulti, ragazzi e perfino bambini con conseguenti depressioni, disturbi del comportamento, isolamento, comportamenti autolesionistici. In questo momento storico, spiega la dottoressa Fronzoni, psicoterapeuta esperta dell’età evolutiva, i ragazzi risentono della mancanza di guida e contenimento emotivo da parte delle figure genitoriali che si trovano a loro volta confusi e in difficoltà. È necessario, quindi, in questi casi un lavoro terapeutico integrato su adulti e minori che permetta contenimento e guida che permetta di abbandonare paure e comportamenti disfunzionali per prendere contatto con le autentiche esigenze emotive e identitarie e raggiungere un rapporto più appagante con sé stessi e con l’ambiente.
 


© 2020 Psicologa Roma - Annalisa Fronzoni, Psicologa, Psicoterapeuta, Sessuologa, Consulente tecnico Tribunale di Roma, esperta in Psicologia dell'Età evolutiva e della Coppia.
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