La dipendenza affettiva è una forma patologica di amore caratterizzata da una costante assenza di reciprocità all’interno della relazione di coppia, in cui uno dei due (nel 99% dei casi la donna) riveste il ruolo di donatore d’amore a senso unico, e vede nel legame con l’altro, spesso problematico o sfuggente, l’unica ragione della propria esistenza.
La continua ricerca d’amore ha tutte le caratteristiche della dipendenza da sostanze, tanto da condividerne alcuni aspetti fondamentali: Le cause vanno ricercate in particolari dinamiche familiari che hanno portato la persona dipendente a costruirsi un’immagine di Sé come di persona inadeguata, indegna di essere amata, dove il “termometro” della propria autostima è nella capacità di sacrificarsi per la persona amata. La dipendenza affettiva affonda le sue radici nel rapporto con i genitori durante l’infanzia. La dipendenza dall’altro è una condizione naturale soprattutto nei primi anni di vita, quando lo sviluppo cognitivo-emotivo e la formazione dell’identità non sono ancora completati, e quando la relazione con le figure adulte è lo strumento privilegiato di conoscenza di Sé e del mondo.
Chi da adulto è dipendente d’affetto, quando era bambino ha ricevuto continui messaggi da parte dei propri genitori di non essere degno di amore né di attenzioni. Spesso sono stati dei bambini che sono dovuti crescere troppo in fretta e hanno dovuto prendersi cura dei propri genitori, imparando così che l’unico modo per ottenere amore è quello di sacrificarsi per l’altro. Ciò che accomuna l’infanzia di chi soffre di dipendenza affettiva è comunque una situazione di carenza affettiva che da adulti si cerca di colmare e compensare con atteggiamenti iperprotettivi e controllanti nei confronti del partner.
Un abbandono anche solo psichico da parte dei genitori – o, ovviamente, della violenza psicologica o fisica – può compromettere il modo nel quale il bambino vivrà la sua sfera affettiva: la sperimentazione di dolore e rabbia per mancato amore in fasi delicate come quelle della crescita può, infatti, portare allo sviluppo di una dipendenza affettiva in futuro. I sintomi più importanti per riconoscere questo problema sono, solitamente, senso di colpa, gelosia, vergogna, senso di inferiorità e rabbia nei confronti del partner, annullamento di sé, abbassamento dell’autostima e paura di solitudine, cambiamenti, lontananza, abbandono e separazione. In realtà, i sintomi possono essere ben più complessi o non presentarsi in modo completo: si può verificare anche l’idealizzazione del partner, sottomissione caratteriale, tendenza ad assumersi colpe, bisogno di controllo nei confronti della persona amata, ansia ed attacchi di panico. La scarsa autostima all’origine della dipendenza affettiva fa sì che la persona si comporti nei modi più disparati pur di venire incontro ai bisogni del partner.
Le donne dipendenti tendono a mettere da parte i propri bisogni nel rapporto di coppia, e nelle situazioni conflittuali soffocano la rabbia, la rimuovono o la dirigono contro sé stesse.
L’uomo dipendente invece è più facile che mascheri il proprio bisogno d’affetto proiettandolo fuori di sé, investendo gran parte delle energie nel lavoro, impegnandosi in hobby e sport, o comportandosi in maniera protettiva, talvolta fino all’eccesso della gelosia patologica.
La dipendenza affettiva, diversamente da quanto a volte si manifesta all’evidenza, non è un fenomeno che riguarda una sola persona, ma è una dinamica a due. Il partner che “sceglie” di stare con una persona dipendente d’affetto, ha spesso anche lui il bisogno di essere accudito e di avere una relazione di tipo figlio-madre anziché alla pari, per dinamiche e problematiche familiari irrisolte.
Oppure, al contrario, può trovarsi ad esercitare un ruolo di persona sfuggente, irraggiungibile o rifiutante (per esempio quando il dipendente d’affetto cerca un partner sposato o non interessato alla relazione), per sentirsi così al centro dell’attenzione e compensare anche lui dei vuoti affettivi mai colmati. L’equilibrio di coppia si fonda sempre sul dialogo, sul rispetto di sé stessi e sul riconoscimento dell’altro.